Marco Mariucci è nato a Perugia il 22 gennaio del 1970, dopo la maturità in decorazioni pittoriche, ha conseguito il diploma accademico all'Accademia delle Belle Arti di Carrara con una tesi sull'arte sacra dal titolo Trovare la Forma. Dal 1993 ad oggi, ha scolpito molto: parti di altare, amboni, fregi, busti, statue. Nel 1996 inizia la sua partecipazione a mostre ed eventi al Trevi Flash Art Museum di Palazzo Lucarini. La sua attività artistica continua con la progettazione e l'esecuzione nello stesso anno di due opere in marmo, il San Pietro e lo Schiavo della parola per il presbiterio della chiesa di San Giovanni Apostolo in Ponte d'Oddi (PG), oggi catalogate tra i beni ecclesiastici della Chiesa Cattolica.
Dal 1998 insegna scultura presso gli Istituti d'Arte e nel 2012 è anche docente all'Accademia di Belle Arti di Perugia. Nel 1997 partecipa alla collettiva BrufArtegiovani con il bozzetto L'Uomo di Brufa; nel 1998 realizza il frontone lungo 35 m in medio, basso e altorilievo di Palazzo Guarducci ovvero l'Etruscan Ciochotel di Perugia narrando la storia di Perugia dalle origini alla conquista romana.
Nel 1998 finisce di scolpire il Corpus Domini, il crocifisso in legno di ciliegio che nell'ottobre dello stesso anno espone in Francia, presso la Cappella del Carmelo a Bois Guillaume, in una mostra organizzata dal Comité Intercommunal de Jumelages et de Relations Internationales. Nel 1999 iniziano le sue commissioni pubbliche: ottiene il IV premio Lorenzo il Magnifico alla Biennale d'arte Contemporanea di Firenze per l'opera Twin Towers.
Nel 2002 partecipa alla Triennale Internazionale d'arte Contemporanea di Parigi. Nel 2003 inizia la sua produzione di opere monumentali con il San Benedetto, alto più di due metri, in marmo bianco di Gorfigliano, realizzato per l'Eremo della Beata Vergine del Soccorso in Minucciano a Lucca. Altra opera imponente è il monumento pubblico a Sigismondo Castromediano, patriota e senatore, scolpito in marmo bianco di Carrara nel 2005, alto due metri e mezzo e ubicato presso la piazza centrale del paese di Cavallino, Lecce; nel 2010 la Provincia di Lecce gli commissiona il Guerriero Messapico, scultura in bronzo alta quasi tre metri per l'Università Degli Studi di Lecce, facoltà di Archeologia con sede in Cavallino.
Nel 2011 è scelto da Vittorio Sgarbi per esporre alla sezione Umbria del Padiglione Italia della 54ª Biennale di Venezia, con sede a Spoleto, Palazzo Caligola. Nel 2008 gli viene conferito il diploma di Accademico di Merito presso la Fondazione Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci di Perugia. Altra opera pubblica è del 2014, Il Pescatore, fontana del paese di Borghetto di Tuoro. Tra il 2014 e il 2015 progetta e realizza la Cappella del Tebernacolo per le Suore di Gesù Redentore in via Bellocchio a Perugia. In occasione dell'Esposizione Universale di Milano 2015, espone alla mostra Expo Arte Contemporanea, presso la Villa Bagatti Valsecchi di Varedo, a cura di Vittorio Sgarbi.
Oggetto della sua ricerca è l'uomo, inteso come luogo privilegiato della manifestazione della vita e della bellezza, capace di condizionare il contesto fino all'irreversibile.
Predilige il percorso alla forma togliendo ciò che ne ostacola l'apparire; fa di questa metodica il punto di forza della sua attività per cercare di cogliere l'autentico e l'originario che si cela in ogni concetto e in ogni gesto sapiente della tecnica che trasmette la millenaria conoscenza di quest'arte, sia essa fusoria, di modellazione o altro.
Togliere ciò che impedisce allo sguardo la visione perfetta è il programma su cui si fonda la propria ricerca.
Per la "Strada del Vino e dell'Arte" Mariucci riprende il bozzetto ideato nel 1997, quando partecipò alla prima edizione di "BrufArteGiovani", un contadino in pietra serena colto nell'atto di ripararsi dal vento mentre ritorna a casa dopo una lunga giornata di lavoro.
A proposito della sua scultura l'artista afferma: "Lafatica dell'uomoè il segno dell'antica disobbedienza, traccia tangibile di una sofferenzache se compiuta riabilita.
Si, il lavoro compiuto nel solco dell'obbedienza all'impegno morale e civile, etico e religioso, forgia l'uomo alla vita autentica, quella in cui l'amore fa sopportare il sacrificio del sudore, perché trova piena realizzazione nel risultato che è favorevolmente manifesto atutti.
Così forse non esiste figura più emblematica di quella del lavoratore della terra, che trasforma la propria prostrazione nel pane quotidiano.
In questa ottica la scultura deve incarnare l'aspetto più autentico di questa figura del coltivatore.
Deve svilupparsi dal terreno ma imporsi su di esso nel contempo.
Deve giganteggiare ma allo stesso tempo mostrare tutta la sua vulnerabile fragilità, perché l'uomo è straordinariamente grande sia pur nella sua immensa precarietà".